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Intervistiamo Manuel Enríquez, architetto autore del progetto della nuova sede di Focke Meler.

Parliamo con Manuel Enríquez, l’architetto incaricato di realizzare la nuova sede di Focke Meler, che insieme al suo socio Javier Barcos dirige ByE arquitectos, uno degli studi più all’avanguardia della Navarra.

Con una traiettoria invidiabile, sono stati premiati in più di cinquanta concorsi pubblici. Negli ultimi anni, il loro lavoro è stato presentato in una quindicina di esposizioni individuali e collettive ed è apparso in oltre novanta pubblicazioni specializzate, tra cui il catalogo dei premi COAVN, il catalogo dei PREMI FAD, la rivista ON DISEÑO e la rivista Av MONOGRAFIAS.

Ma torniamo a Manuel. Quando lo si incontra, colpiscono immediatamente la sua vitalità e il suo entusiasmo. È architetto, Passive House Designer, docente universitario… Il suo interesse per l’edilizia sana e sostenibile è palpabile sin dal primo istante del colloquio. È un interesse che risale a molti anni fa, quando si trovò a conciliare il lavoro nel suo studio professionale con il coordinamento e la stesura del piano abitativo bioclimatico della Navarra per il Dipartimento dell’ambiente, dell’assetto territoriale e dell’edilizia abitativa del Governo della Navarra. Con questo lavoro prende avvio l’esperienza della squadra nell’ambito dell’edilizia bioclimatica: autonomia degli edifici, impiego di energie rinnovabili, ad alta efficienza energetica e così via.

PROFILO PERSONALE

Com’è nato il tuo interesse per l’architettura? Che cosa ti ha attirato?

È stato per caso, come spesso succede non decidi che cosa farai. Al liceo ho avuto un insegnante di disegno molto hippy che mi piaceva molto. Era come un soffio di aria fresca nella scuola di preti che frequentavo, mi diceva di studiare architettura.

Quando iniziai l’università, mi resi conto che il mio insegnante aveva ragione. Avevo capacità spaziale, disegnavo bene e mi piaceva quello che facevo. Fu durante il primo anno di università che conobbi il mio socio, perché la gente ci confondeva fisicamente. Iniziammo a lavorare insieme fin dall’inizio, terminammo l’università e nel 1992 fondammo la nostra azienda.

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Come coniughi creazione individuale e lavoro di squadra in ByE arquitectos?

Ho sempre lavorato con Javier. Per prima cosa elaboriamo i progetti insieme, li discutiamo e cominciamo a sviluppare separatamente una serie di idee, poi ci riuniamo e le confrontiamo. Quando arriviamo a un punto comune, uno dei due inizia a svilupparlo.

Prepariamo concorsi di architettura per ginnastica, molte volte non li presentiamo nemmeno; ma per noi è utile prepararli, affrontando tra l’altro tipologie diverse.

Chi di noi sviluppa il progetto poi si occupa anche della direzione lavori.

Dimmi un progetto o un tipo di opera che ti piacerebbe curare e a cui non hai ancora lavorato.

Ci piacerebbe molto creare un’opera di matrice religiosa: chiese, moschee, sinagoghe… Mi sembrano progetti molto belli, progetti che hanno più a vedere con la spiritualità. Sono opere peculiari, poco frequenti, nelle quali in qualche modo viene meno il pragmatismo di un ospedale, di un ufficio…

LA NOSTRA SEDE

Parlaci della nuova sede di FOCKE MELER, cosa metteresti in risalto?

In Meler si combinano due destinazioni d’uso, la parte dedicata agli uffici e quella industriale, che non coesistono spesso, ma che in questo progetto esprimono grande equilibrio.

Solitamente il settore industriale, che ha uno spirito estremamente pragmatico, non tiene molto in considerazione l’architettura; negli edifici amministrativi, invece, l’architettura predomina maggiormente, ma rimane piuttosto scollata dalla parte industriale. In Meler ci è piaciuto particolarmente il grande equilibrio tra i due ambiti. Il capannone deve essere funzionale e avere carattere, ma a loro volta gli uffici non sono una piccola appendice appiccicata, devono avere funzione di rappresentanza.

Si tratta di due edifici quasi uniti, e la cosa più interessante è il fatto che parlano un linguaggio simile perché sono stati adottati gli stessi materiali per entrambe le facciate – del capannone e degli uffici – una scelta decisamente non abituale.

Quali principi sono stati applicati per la costruzione della sede?

Nell’industria, si tiene molto in considerazione la parte destinata alla produzione e si presta poca attenzione all’efficienza energetica e al comfort. In questo progetto abbiamo cercato di implementare queste caratteristiche sia negli uffici sia nel capannone. Il capannone, ad esempio, consta di un isolamento termico che solitamente non si utilizza, di fatto l’impresa che lo sta installando non lo aveva mai montato prima.

Abbiamo cercato di innalzare il livello di comfort del capannone mediante l’isolamento termico, che nella zona degli uffici si somma all’isolamento acustico e luminoso.

Che tipologia di materiali è stata utilizzata?

Da qualche tempo è in atto una tendenza che mira a «ingentilire» gli uffici, con un arredamento studiato per favorire la collaborazione.

Fino a poco tempo fa, gli uffici erano spazi freddi, ora sono bianchi, con pavimenti grigi… Predominano gli uffici dai tratti impersonali e astratti. L’esterno dei nostri uffici conferma l’idea di coesione tra uffici e capannone, mentre all’interno abbiamo coniugato elementi funzionali, puliti, pratici, asettici ma con un aspetto più umano. E tutto questo per noi è in relazione con la sostenibilità. Lavoriamo con la cosiddetta «matrice bioclimatica» da più di vent’anni, cercando di adoperare materiali sostenibili. I soffitti sono in trucioli di legno, utilizziamo componenti tessili, gli isolamenti sono in lana di roccia, evitiamo di usare materiali la cui fabbricazione richieda un elevato consumo energetico.

La matrice bioclimatica è una sorta di checklist. Vediamo il tipo di cliente, il tipo di progetto, il preventivo, l’interesse nei confronti di questi temi e partendo da lì tiriamo le conclusioni basandoci su tre fattori.

  • Uno è il risparmio energetico, che significa cercare di consumare meno energia e si comprende partendo da due concetti, la domanda e il consumo. Il «consumo» è ciò che spendi, mentre la «domanda» è ciò che l’edificio ti chiede di spendere per assicurarti il comfort desiderato. La domanda è una condizione inerente all’architettura, in altri termini, il concetto primario è quello del risparmio energetico: è per questo che in Meler tutte le finestre hanno elementi di protezione solare. Le uniche prive di tale protezione sono le finestre che non ricevono radiazione diretta, come lo showroom rivolto a nord. Sulla parte inferiore di tutta la facciata ovest è installata una serranda in lamiera forata, corrispondente ad aree funzionali, come la palestra e la mensa. Sulla parte superiore invece sono montate delle stecche orientabili motorizzate con le quali è possibile giocare. La filosofia dell’edificio si basa sul concetto di domanda energetica dell’architettura stessa.

I lavoratori potranno controllare sia la radiazione esterna, dalle singole finestre, sia gli elementi di illuminazione, anch’essi regolabili.

  • Impiego di energie rinnovabili
  • Costruzione sana

TENDENZE E FUTURO

Ci parlavi della trasformazione degli uffici, da spazi bianchi e impersonali in spazi comodi e «gentili» per il lavoratore, ma come vedi il futuro?

Stiamo assistendo ad una sempre maggiore importanza attribuita all’immagine aziendale. Già da qualche tempo le imprese si impegnano a migliorare la propria immagine.

Il concetto delle dotazioni cambia, sempre più spesso gli uffici sono spazi aperti per favorire il lavoro collaborativo, le riunioni sono continue. Sempre più frequentemente gli spazi sono arredati con mobili mirati alla collaborazione, le postazioni di lavoro fisse si stanno via via perdendo, perché la tendenza è occupare postazioni ogni volta diverse.

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Qual è il passo successivo in architettura?

Adattarsi. I processi dell’architettura sono più lenti di quelli del mercato in generale, è più facile cambiare un mobile che un edificio. Stiamo lavorando ancora in fabbricati vecchi, a Madrid, ad esempio, si affittano e riaffittano immobili costruiti quarant’anni fa, si fanno riforme ma le strutture sono datate.

L’architettura deve adattarsi alla velocità del mercato, l’edilizia è molto lenta. La sfida è conseguire agilità, continuiamo a costruire edifici come ottant’anni fa.

Quali sono i materiali che ti hanno sorpreso di più ultimamente?

Più che di materiali concreti, c’è un’evoluzione verso materiali sostenibili. Da anni ormai si registra una tendenza a certificare gli edifici. Esistono molti tipi di certificazioni: alcune, come Passivhaus, riguardano temi energetici, mentre altre, come la certificazione BREEAM, la certificazione Verde, la certificazione LEED, hanno attinenza con la sostenibilità. Altre ancora, più attuali, sono incentrate sul benessere dei lavoratori, come il protocollo WELL. A differenza di prima, si stanno mettendo a punto materiali che soddisfano tutti questi standard.

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